Il pane del Governo

di SALVATORE ABATE e FRANCESCO NARDINI

Paolo Sorba Editore, 2010
Collana Storica
cartonato con sovraccoperta, 288 pagine
ISBN: 978-88-7538-039-2

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Descrizione

Prefazione di Luigi Berlinguer

Nell’immediato dopoguerra, la politica interna del governo italiano era totalmente assoggettata alle imposizioni degli Stati Uniti d’America. Questo implicava, tra le altre cose, una vera e propria attività persecutoria nei confronti degli iscritti ai partiti e ai sindacati che interpretavano le rivendicazioni e le aspirazioni della classe operaia. L’aspetto più grave delle vicende di tanti lavoratori non allineati alle posizioni governative ha riguardato, per decenni,la rimozione dalla memoria collettiva dei fatti accaduti in quegli anni. Come quelli che si registrarono a La Maddalena tra il 1952 e il 1956, con un’appendice nell’anno successivo, a danno di alcuni dipendenti civili dell’Arsenale Militare di Moneta. Furono preparate le liste di proscrizione degli operai e degli impiegati di simpatie comuniste e socialiste, e alcuni di questi furono allontanati dal posto di lavoro. Un clima di caccia alle streghe stravolse il corretto dialogo politico nella città avviata a una lenta e faticosa ripresa dopo i disastri causati dalla guerra, e le conseguenze ne rallentarono la maturazione politica per i decenni a venire. La voce popolare ha indicato a lungo la mano “parrocchiale” o, almeno, quelle dei frequentatori della “sacrestia” come responsabili della stesura delle liste dei “rossi” da licenziare. Anche il parroco don Salvatore Capula, che verosimilmente non fu l’ispiratore dell’ignobile operazione, ebbe un comportamento che, in quei frangenti, diede adito a mille illazioni. In sintonia con la politica sostenuta dalle gerarchie vaticane, il sacerdote non ebbe il potere di decidere, ma sicuramente si uniformò. Le storie raccontate in questo libro sono le storie di quegli uomini e di quelle donne che subirono un attacco vile da parte del “potere costituito”, ma che ebbero il coraggio di tenere duro e che non mandarono il loro cervello all’ammasso per un pezzo di pane offerto dal governo. Quei lavoratori furono capaci di elaborare un loro ideale, giusto o sbagliato che fosse, e di difenderlo, per dare valenza e dignità al lavoro e al rispetto sociale, per vivificare il Diritto che si voleva protetto dalla Costituzione e per combattere non tanto il ‘mondo libero’, ma le ingiustizie e i soprusi che lo contaminavano in nome di quella libertà sin troppo strombazzata ma spesso negata nei fatti. Questo saggio tenta un recupero, prove “storiche” alla mano e partendo da subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, delle intricate trame politiche di quegli anni cruciali per la democrazia in Italia e del riverbero doloroso che queste trame ebbero sulla vita sociale di una comunità di periferia.

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