Emmanuel Exitu si aggiudica la XLIII edizione del Premio letterario Giovanni Comisso – sezione Narrativa. Con il suo romanzo Di cosa è fatta la speranza, pubblicato dalla casa editrice Bompiani e ispirato alla vita di Cicely Saunders, Exitu trionfa durante la premiazione del 5 ottobre presso il Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso, superando gli altri due finalisti della terzina: Tiziano Scarpa con La verità e la biro (Einaudi) e Marco Cavalli con L’uomo dell’enciclopedia (Neri Pozza). Nella sezione dedicata alle biografie, conquista il primo premio Adelaida di Adrian Bravi (Nutrimenti).
La sezione under 35 del premio è stata assegnata a Sonia Aggio con il romanzo Nella stanza dell’imperatore (Fazi), mentre il premio alla carriera per scrittori veneti è andato a Patrizia Valduga.

La Giuria Tecnica è stata presieduta da Pierluigi Panza e composta anche da Cristina Battocletti, Benedetta Centovalli, Rolando Damiani, Giancarlo Marinelli, Luigi Mascheroni, Alessandra Necci, Sergio Perosa, e Filippo Tuena.

Emmanuel Exitu è nato a Bologna e vive a Roma, dove ha lavorato come autore televisivo e come drammaturgo per il Teatro di Documenti. Dal suo primo romanzo La stella dei Re ha tratto la sceneggiatura per l’omonimo film RAI. Il suo Greater – sconfiggere l’Aids, girato negli slum di Kampala, in Uganda, è stato scelto da Spike Lee come miglior documentario del Babelgum Contest a Cannes 2008. Responsabile dei contenuti di Wip Italia, The Digital Design Company, sta sviluppando progetti e podcast dedicati al sociale e alla costruzione del bene comune.

IL LIBRO:
Alle 5.46 del 15 ottobre 1943 le allieve infermiere dell’ultimo anno della Nightingale Training School for Nurses partono da Londra dirette a un ospedale allestito per curare i feriti che giungono dai fronti di guerra. Tra le ragazze, emozionate nelle loro uniformi impeccabili, ce n’è una snella e buffa per via delle lunghe gambe e dei piedi grandi: la famiglia l’aveva instradata verso l’università di Oxford, ma lei ha deciso di diventare infermiera. Si chiama Cicely Saunders. Durante le infinite notti in corsia, Cicely vede morire tra sofferenze indicibili ragazzi belli e coraggiosi, suoi coetanei. Sa di non poter fare per loro nulla se non ciò che i medici prescrivono, eppure si rende conto con orrore che per un medico ogni moribondo è una causa persa, un insuccesso professionale. Cicely comincia a fare una cosa a cui dedicherà la vita intera: annotare i tentativi e i fallimenti, le intuizioni, le buone pratiche che consentono di lenire la sofferenza di chi non è più guaribile. E quando capisce che il suo diploma di infermiera non basta più, si laurea in Medicina e, nel 1967, riesce ad aprire il primo moderno hospice: non un posto dove si va a morire, ma dove si può vivere fino all’ultimo istante con dignità. Emmanuel Exitu si ispira alla storia di Cicely Saunders – le cui procedure sono tutt’oggi considerate dall’OMS il punto di riferimento per migliorare la qualità della vita dei malati terminali – per scrivere un romanzo luminoso, che racconta il misterioso abbraccio tra il dolore e la speranza e ci riguarda tutti. La storia di questa donna dalla caparbietà visionaria ci dice che la sofferenza si sconfigge prima di tutto con un farmaco di cui tutti possiamo disporre, l’empatia, e che la speranza è, come scriveva Emily Dickinson, “quella cosa piumata / che si viene a posare sull’anima” e può illuminarci fino all’ultimo nostro respiro.

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